Immagina un musicista. Potrebbe essere un pianista concertista, un cantautore alle prese con mille date nei locali, o una violinista in un’orchestra sinfonica. Ora immagina che quella persona, che ha scelto di dedicare la sua vita alla musica, dopo aver studiato migliaia di ore e sacrificato tanto altro, cominci a sentire un peso, un dubbio o un sentimento che inizia a spegnere la bellezza e togliere il senso di quello che fa o ha fatto. Il burnout, tra i musicisti, non è solo un’etichetta psicologica: è un’esperienza concreta, che toglie voce a chi ha scelto di vivere per esprimersi.
Quando la musica inizia a pesare: i sintomi
Il burnout non arriva all’improvviso. Si insinua, silenzioso. All’inizio sembra stanchezza, poi diventa una costante. Ti svegli e non hai voglia di studiare. Sul palco ti senti assente. E nel tempo libero? La musica non consola più, anzi, fa soffrire.
Tra i sintomi più comuni:
- Fisicamente: spossatezza che non passa, insonnia, dolori diffusi, tensioni muscolari.
- Emotivamente: irritabilità, tristezza, senso di colpa, apatia.
- Professionalmente: difficoltà a concentrarsi, senso di inadeguatezza, calo della motivazione, perdita di piacere nel suonare.
Una violoncellista ci raccontava: “Sul palco facevo finta di sentire. Ma dentro mi ero spento. E nessuno se ne accorgeva”.
Quanti musicisti soffrono di burnout?
Molti più di quanto si pensi. Studi condotti in Europa e Australia mostrano che la prevalenza del burnout nei musicisti può superare il 40%, specialmente tra i più giovani o chi lavora in contesti molto competitivi (Araújo et al., 2017). Conservatori, tournée, aspettative sempre alte: l’arte diventa prestazione, e la persona scompare.
Non è colpa tua: le cause del burnout nei musicisti
Uno degli inganni più subdoli del burnout è farti credere che sia il segnale del tuo fallimento. Ma non è vero. La verità è che si tratta spesso di una risposta sana a un sistema insano.
Ecco alcune cause:
- Ritmi frenetici, poca pausa e zero margine per respirare.
- Ambiente ipercompetitivo, dove sbagliare è inaccettabile.
- Pressioni economiche e instabilità.
- Mancanza di riconoscimento e isolamento.
- Autocritica feroce, interiorizzata negli anni.
Il perfezionismo, in particolare, è spesso vestito da virtù. Ma, come dice Kristin Neff, “quando l’autocritica è l’unico modo che conosciamo per motivarci, stiamo vivendo sotto minaccia costante.”
Che cosa succede se non lo affronti?
Nel breve termine, il burnout può compromettere le performance e la quotidianità: si diventa più lenti, meno lucidi, meno presenti. Nel lungo termine, può portare a depressione, abbandono della carriera o malattie psicosomatiche.
Ma c’è una buona notizia: si può intervenire. E spesso, proprio quel momento di crisi diventa una porta per riscoprire la propria voce.
Uscire dal burnout: strumenti che aiutano davvero (science approved)
Nel libro Ansia da performance, si parla in modo approfondito di alcuni strumenti psicologici che aiutano a uscire dal tunnel. Eccone tre, semplici ma profondi:
1. Mindfulness: il primo passo, la consapevolezza
La mindfulness ci insegna a essere consapevoli di quello che c’è, senza cercare di controllarlo, evitarlo o lottarci contro. Insomma, la mindfulness ci aiuta a stare con quello che c’è, senza seguire il pilota automatico che spesso rincara la dose autocriticandoci e, almeno nella prima fase del burnout, dicendoci che dobbiamo fare di più. O senza seguire l’istinto, che ci dice di mollare, evitare, nasconderci. Invece la mindfulness ci dice di fermarci e osservare il nostro dolore e l’impulso automatico che ne consegue, osservare la paura o la rabbia che ci fanno soffrire, e creare uno spazio in cui trovare sollievo, cura, connessione.
Esercizio semplice per iniziare: Tre respiri consapevoli
- Quando sei in difficoltà, fermati. Inspira e nota il movimento dell’addome.
- Espira lentamente, sentendo l’aria uscire.
- Osserva come ti senti, senza cambiarlo.
- Permettiti, per tre respiri, di esistere ed essere esattamente così come sei.
Ripeti. Ogni giorno. È un piccolo gesto che può riportarti a te.
Ovviamente la mindfulness non si esaurisce qui, ma questo passo, apparentemente così piccolo, è il primo per fare la differenza.
Vai qui per provare qualche altro esercizio di mindfulness, pensato per musicisti.
2. Ritrova i tuoi valori: per chi suoni?
Quando perdiamo il senso, è importante tornare ai propri valori.
- Cosa amavi della musica quando hai iniziato? Quali sensazioni, emozioni provavi?
- Qual è il messaggio che vorresti lasciare attraverso la musica?
- Per cosa vorresti essere ricordato?
Scrivi queste risposte. Tienile nel tuo astuccio, nella custodia del tuo strumento. E prima di iniziare a suonare chiediti “Oggi per chi o cosa voglio suonare?”
Se vuoi approfondire questo concetto, leggi il capitolo 5 del libro “Ansia da performance”, parla proprio di questo e di come ritrovare il bello della musica, che siamo sicuri, è ancora lì da qualche parte.
3. Lavora sull’autocritica con la compassione
Molti musicisti convivono con un critico interno sempre in agguato che sembra motivarci a fare di più. Ma la motivazione non nasce dalla durezza, bensì dalla cura. Coltivare compassione significa imparare a sostenersi come si farebbe con un allievo caro, con uno sguardo che incoraggia, non punisce.
Un esercizio utile. Chiediti come tratteresti un amico nella tua stessa situazione: che tono di voce useresti? Come lo guarderesti? che parole useresti per sostenerlo? … e con te fai lo stesso? se la risposta è no, provaci!
4. Parlarne: l’antidoto al silenzio
Il burnout vive nel segreto. Parlane. Con un amico, un collega, uno psicologo. Mettere parole sul dolore è il primo atto di guarigione. Come nella musica, serve aria per far vibrare le corde.
Conclusione
Essere musicisti è un atto di coraggio, non di perfezione. Il burnout non è una sconfitta, ma un invito: a respirare, a ricordare perché hai scelto questa strada, a prenderti cura di te.
E forse, come scriveva Leonard Cohen, “C’è una crepa in ogni cosa. È da lì che entra la luce.”
- Araújo, L. S., Wasley, D., Redding, E., Atkins, L., Perkins, R., & Williamon, A. (2017). Fit to perform: an investigation of higher education music students’ perceptions, attitudes, and behaviors toward health. Frontiers in Psychology, 8, 1558.
- Kenny, D. T. (2011). The psychology of music performance anxiety. Oxford University Press.
- Neff, K. D., & Germer, C. K. (2013). A pilot study and randomized controlled trial of the mindful self-compassion program. Journal of Clinical Psychology, 69(1), 28–44.
- Casetta, L. & Bargigia, M. (2024). Ansia da performance musicale. Amazon KDP.